Steatosi epatica - solo fegato grasso o rischio reale di cirrosi
- Francesco Caruso
- 2 ago
- Tempo di lettura: 3 min

"Ha il fegato un po’ grasso, ma nulla di preoccupante." È una frase che molti pazienti si sono sentiti dire dopo un’ecografia di routine. E che spesso ha portato a trascurare un problema che, se ignorato, può diventare molto serio.
Perché la steatosi epatica non è sempre una condizione benigna. E in molti casi, se non trattata, può evolvere in steatoepatite, fibrosi e infine cirrosi.
Cos’è davvero la steatosi epatica?
La steatosi epatica – o NAFLD (non-alcoholic fatty liver disease) – è l’accumulo di grasso all’interno delle cellule epatiche. Può colpire chiunque, ma è particolarmente frequente in:
persone in sovrappeso o obese
pazienti con diabete tipo 2 o insulino-resistenza
soggetti sedentari o con sindrome metabolica
Spesso è asintomatica. Ma non per questo è innocua.
Non tutta la steatosi è uguale
Nel tempo, la medicina ha chiarito che non basta avere “fegato grasso” per sviluppare cirrosi. La progressione avviene in fasi:
Steatosi semplice → accumulo di grasso senza infiammazione
Steatoepatite (NASH) → grasso + infiammazione + danno cellulare
Fibrosi epatica → formazione di tessuto cicatriziale
Cirrosi → danno irreversibile con rischio di scompenso e tumore
La chiave è capire chi rischia davvero di progredire.
Chi rischia di più?
Le linee guida NICE NG50 (2023) raccomandano di valutare attentamente i pazienti con steatosi e almeno uno di questi fattori:
Diabete tipo 2
BMI ≥30
Aumento delle transaminasi persistente
Età >50 anni
Familiarità per epatopatia
Ipertensione arteriosa
In questi casi, non basta l’ecografia. Serve una valutazione della fibrosi epatica con strumenti adeguati: elastografia (FibroScan), test ELF, score FIB-4.
L’esperienza clinica parla chiaro
In ambulatorio, vedo spesso pazienti che arrivano con una “semplice steatosi” riferita anni prima, mai indagata. Alcuni, purtroppo, con fibrosi avanzata. Uno dei casi più emblematici: uomo di 61 anni, sovrappeso, diabetico, mai bevuto alcol, stanco da mesi. L’ecografia mostrava un fegato lievemente aumentato, ma il FibroScan ha rivelato valori compatibili con cirrosi. Nessuno lo aveva mai indirizzato a un epatologo. Oggi è in follow-up attivo, in fase compensata. Ma avrebbe potuto finire in pronto soccorso con un’ascite improvvisa.
Si può prevenire la progressione?
Sì. E con risultati eccellenti se si agisce in tempo.
Le strategie efficaci sono:
Perdita di peso: anche solo il 7-10% del peso corporeo può ridurre infiammazione e fibrosi
Dieta mediterranea: ricca di fibre, vegetali, pesce e povera di zuccheri semplici e grassi saturi
Attività fisica regolare
Controllo della glicemia e della pressione
Evitare alcol e farmaci epatotossici
In fase precoce, la steatosi è completamente reversibile. In fase di steatoepatite, si può stabilizzare. Solo quando si arriva alla cirrosi il danno diventa strutturale, e lì la prevenzione ha fallito.
Cosa raccomanda la NICE
Il documento NG50 è molto chiaro: non si devono eseguire test per la diagnosi di cirrosi nei pazienti con solo obesità o diabete, a meno che non abbiano una NAFLD già evoluta e un punteggio ELF ≥10.51, oppure fibrosi sospetta alla elastografia.
Questo perché non tutte le steatosi evolvono, ma è fondamentale individuare precocemente quelle a rischio. E per farlo, serve una valutazione specialistica, non solo un’ecografia al volo in un centro qualsiasi.
Conclusione
La steatosi epatica non va sottovalutata. Non è solo “grasso nel fegato”. È un campanello d’allarme metabolico e infiammatorio, che in una buona percentuale di casi può evolvere verso malattie gravi.
Ogni paziente con steatosi merita una valutazione individuale del rischio evolutivo. E se necessario, un percorso terapeutico personalizzato.
Un controllo oggi può cambiare il destino di un fegato domani.
Dr. Francesco Caruso
Specialista in chirurgia dell’apparato digerente
Chirurgia mininvasiva, proctologia, gastroenterologia
📍 Visite specialistiche in Calabria, Milano e telemedicina
📞 Per appuntamenti: 333 8887415


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