Tumore del colon - perché lo screening può salvarti la vita
- Francesco Caruso
- 30 lug
- Tempo di lettura: 4 min

Esistono malattie che arrivano senza fare rumore. Il tumore del colon è una di queste. In molti casi, non dà sintomi evidenti finché non è già in fase avanzata. Ed è proprio questo il suo inganno più subdolo. Ma c’è una buona notizia: oggi abbiamo un’arma potentissima per giocare d’anticipo. Si chiama screening, ed è molto più di un semplice esame: è una possibilità concreta di scoprire la malattia prima che si manifesti. E, in tantissimi casi, di evitarla del tutto.
Quando racconto questo ai miei pazienti, molti restano sorpresi. C’è ancora molta disinformazione, e troppa paura. Qualcuno pensa che il test sia doloroso, inutile o “da fare solo se si hanno sintomi”. Ma è proprio l’assenza di sintomi a rendere lo screening essenziale. Lo dicono le esperienze cliniche, e lo confermano i dati delle più autorevoli linee guida oggi disponibili: le Linee Guida AIOM 2024, pubblicate dall’Associazione Italiana di Oncologia Medica, e quelle americane della ASCRS (2022).
La prevenzione che salva
Secondo l’AIOM, il tumore del colon-retto è tra i tumori più diffusi in Italia. Ma grazie ai programmi di screening si è osservata una riduzione significativa dell’incidenza e della mortalità, soprattutto nelle Regioni in cui l’adesione è alta. In particolare, lo screening con ricerca del sangue occulto nelle feci (RSOF) ogni due anni tra i 50 e i 69 anni ha dimostrato di ridurre la mortalità del 15–33%, secondo studi internazionali randomizzati citati anche nelle linee guida AIOM e ASCRS. Eppure, ancora oggi molti ignorano questa possibilità. O peggio: la rifiutano per paura.
Ricordo bene un paziente, Giovanni, 58 anni, in perfetta salute. Nessun sintomo, solo un leggero senso di dovere verso il programma di screening proposto dalla sua ASL. Fece il test RSOF quasi con riluttanza. Il risultato fu positivo. La colonscopia evidenziò un polipo adenomatoso avanzato, potenzialmente maligno, già pronto a trasformarsi in tumore. Lo abbiamo rimosso in endoscopia, senza neppure bisogno di chirurgia. Giovanni oggi è in follow-up, senza alcun segno di malattia. Se avesse aspettato qualche mese in più, sarebbe stata un’altra storia.
Non è solo un esame: è un sistema di protezione
Lo screening non è un evento isolato. È un processo strutturato, validato e integrato nel sistema sanitario. In Italia, ogni Regione ha un programma di screening attivo, ma con profonde differenze tra Nord e Sud in termini di copertura e adesione. Le Linee Guida AIOM 2024 sottolineano quanto sia fondamentale il coinvolgimento attivo del medico di famiglia, del gastroenterologo, degli infermieri e persino dei farmacisti per aumentare l’adesione dei cittadini.
Negli Stati Uniti, la situazione è simile: la ASCRS 2022 riconosce lo screening come una delle armi più efficaci nella riduzione della mortalità per cancro del colon. I dati del CONCORD-2 study citati nella linea guida americana indicano che la sopravvivenza a 5 anni è del 90% per i tumori localizzati, ma crolla al 14% nei casi diagnosticati in fase metastatica. Uno scarto enorme, che riflette quanto sia cruciale anticipare la diagnosi.
A chi è rivolto lo screening?
L'indicazione generale è per uomini e donne tra i 50 e i 69 anni, anche se sempre più studi stanno osservando un aumento dei casi prima dei 50 anni. La ASCRS raccomanda un’attenzione particolare ai pazienti sotto i 50 anni con familiarità o sintomi sospetti, suggerendo in molti casi l’avvio dello screening già a 45 anni, in linea con quanto proposto anche da altre società scientifiche.
In presenza di familiarità per tumore del colon, poliposi ereditarie o sindrome di Lynch, il discorso cambia radicalmente: si passa dalla prevenzione secondaria a quella personalizzata, con colonscopie periodiche anticipate nel tempo e, in alcuni casi, anche test genetici.
I test disponibili
La ricerca del sangue occulto fecale (RSOF) è il test più utilizzato perché è semplice, non invasivo, economico e accettato dalla maggior parte delle persone. Se il test è positivo, viene sempre seguito da una colonscopia. Altre opzioni come la rettosigmoidoscopia (proposta in alcune Regioni, come il Piemonte) o la colonscopia totale hanno maggiore sensibilità, ma anche un impatto diverso sulla logistica e sull’accettabilità.
Esistono anche test più sofisticati, come i marcatori fecali (es. test DNA delle feci), disponibili in commercio, ma non ancora raccomandati come standard. Le linee guida AIOM 2024 specificano che questi strumenti, pur promettenti, devono ancora essere pienamente validati.
Perché tanti non lo fanno?
Molti pazienti hanno paura della colonscopia. Altri si vergognano, o pensano che un test nelle feci sia inutile. In realtà, l’adesione allo screening è un gesto di responsabilità verso se stessi e la propria famiglia. Non farlo significa lasciare al caso la propria salute. E nel caso del tumore del colon, il caso non è quasi mai benevolo.
Ricordo la storia di Teresa, 64 anni, che si rifiutava da anni di fare qualsiasi tipo di screening. Solo quando l’anemia è diventata grave e i dolori addominali si sono fatti persistenti, si è decisa a chiedere aiuto. La colonscopia ha mostrato un tumore stenotico del sigma, già localmente avanzato. L’intervento è stato più complesso del previsto, e ha richiesto anche una stomia temporanea. Anche se oggi sta bene, le sue prime parole dopo l’intervento sono state: “Se avessi fatto quel test quando me lo dicevano…”
Conclusioni
Lo screening per il tumore del colon non è un'opzione. È una necessità. È la differenza tra un intervento endoscopico semplice e una chemio complessa. Tra un percorso sereno e un viaggio difficile. È la possibilità concreta di vivere a lungo, e in salute. Le Linee Guida AIOM 2024 e ASCRS 2022 parlano chiaro, e l’esperienza clinica quotidiana lo conferma.
Se hai più di 50 anni, o hai familiarità per questa malattia, non rimandare. Parla con il tuo medico. Informati. Fallo. E se hai già ricevuto una lettera di invito allo screening, non metterla in fondo al cassetto: potrebbe essere la lettera che ti salva la vita.
Dr. Francesco Caruso
Specialista in chirurgia dell’apparato digerente
Chirurgia mininvasiva, proctologia, gastroenterologia
📍 Disponibile per visite specialistiche in Calabria, Milano e telemedicina
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