Tenesmo rettale: quando lo stimolo è un’illusione che logora
- Francesco Caruso
- 13 lug
- Tempo di lettura: 3 min
Aggiornamento: 9 ago

Chi ha provato il tenesmo rettale lo descrive sempre con la stessa frase: «È come se dovessi evacuare… ma non succede niente». È una sensazione falsa ma costante di stimolo, accompagnata da bruciore, fastidio profondo, a volte dolore e secrezione. Una tensione interna che non dà tregua, di giorno e di notte. In alcuni pazienti è talmente presente da limitare la vita sociale, rendere impossibile lavorare, perfino uscire di casa.
E spesso, tutto questo accade con esami “nella norma”.
Cos'è il tenesmo rettale?
Il tenesmo è definito dalle linee guida ASCRS 2023 come
“una sensazione persistente di stimolo alla defecazione in assenza di reale contenuto rettale da espellere”.Può essere accompagnato da dolore, contrazioni involontarie del retto o dell’elevatore dell’ano, e difficoltà evacuative.
Può avere cause organiche o funzionali:
Proctiti (infiammatorie, infettive, da radioterapia)
Neoplasie del retto basso
Fistole, ragadi, emorroidi trombizzate
Disfunzioni del pavimento pelvico (dischezia, contrattura del puborettale, sindrome dell’elevatore)
Disturbi funzionali (IBS, somatizzazione viscerale)
Traumi anali o abusi pregressi (non sempre dichiarati)
Le linee guida ECCO 2023 (European Crohn's and Colitis Organisation) e il documento congiunto ASCRS–SICCR 2022 sottolineano che il tenesmo non è un sintomo banale, ma spesso l’unico campanello d’allarme di una patologia più profonda, anche in fase iniziale.
Una storia emblematica
Un uomo di 56 anni, fumatore, riferiva da mesi stimolo evacuativo frequente, dolore anale e lieve perdita ematica. Nessuna stipsi, alvo regolare. Era stato curato per “emorroidi” senza miglioramento. La visita proctologica ha rivelato un rigonfiamento anomalo del retto basso, subito approfondito con rettoscopia e biopsia. Diagnosi: adenocarcinoma rettale T2. Intercettato in tempo, operato con resezione anteriore bassa robotica. Oggi è libero da malattia. Il tenesmo, in quel caso, ha salvato la vita.
Ma non sempre c'è un tumore
Una giovane donna di 36 anni, insegnante, da mesi lamentava tenesmo, bruciore anale e evacuazioni frammentate. Visite precedenti negative. Alla valutazione: sfintere anale rigido, punto di dolorabilità al tatto profondo. Diagnosi: contrattura cronica del muscolo elevatore dell’ano, forma di proctalgia funzionale secondo i criteri ROMA IV.
Abbiamo impostato:
Biofeedback pelvico mirato
Ginnastica respiratoria e diaframmatica
Miorilassanti e neuromodulatori viscerali a basso dosaggio
Dopo due mesi il tenesmo era quasi scomparso. Oggi è stabile, seguita regolarmente, e mi ha detto:«La cosa più difficile è stata accettare che fosse una tensione interna, non una malattia organica. Ma ora so come gestirla.»
Diagnosi: mai dare nulla per scontato
In presenza di tenesmo rettale, l’approccio deve essere strutturato:
Anamnesi approfondita e rispettosa
Esplorazione anale e rettoscopia
Ecografia endoanale e manometria (se si sospetta disfunzione pelvica)
Risonanza pelvica (in casi dubbi o refrattari)
Esclusione di patologie infiammatorie, infettive, neoplastiche
La diagnosi di “colon irritabile” o “ansia” può essere corretta, ma solo dopo che tutto il resto è stato escluso con metodo e rispetto.
Come si cura?
Dipende dalla causa. Le linee guida ASCRS e SICCR concordano su un principio:
“Il trattamento è efficace solo quando si conosce esattamente il meccanismo sottostante.”
In caso di infiammazione: trattamento eziologico (mesalazina, antibiotici, antivirali)
Se è funzionale: rieducazione pelvica, tecniche miorilassanti, TENS, psicoterapia
Se è neoplastico: invio immediato a chirurgia oncologica
Se è da trauma o ipersensibilità viscerale: neuromodulazione mirata (amitriptilina, mirtazapina, duloxetina)
Il supporto psicologico è spesso decisivo: non come “alternativa”, ma come componente integrata del trattamento. Il tenesmo è un segno del corpo, ma anche una memoria del sistema nervoso.
Il mio approccio
Mai ridurre il tenesmo a un sintomo “nervoso”. Mai liquidarlo come “colon irritabile”. Mai trattarlo con lassativi a caso. Ogni paziente che lo riferisce merita una valutazione attenta, e soprattutto una spiegazione chiara.
Perché dietro quello stimolo che non c’è, c’è sempre un’urgenza reale di essere presi sul serio.



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