Recidiva dopo intervento di ernia inguinale: come evitare il ritorno di una patologia indesiderata
- Francesco Caruso
- 14 ago
- Tempo di lettura: 3 min

Molti pensano che, una volta operata, l’ernia inguinale sia un ricordo lontano. “Dottore, tolta e via, no?”
No. L’ernia può tornare. E quando succede, quasi sempre è colpa del paziente.
Cos’è una ernia recidiva
La recidiva è la ricomparsa dell’ernia nella stessa sede dopo un intervento chirurgico. Significa che il tessuto si è nuovamente indebolito, consentendo alle strutture addominali di protrudere attraverso il punto debole.
Tipi di recidiva
Precoce: compare entro pochi mesi dall’intervento. Spesso legata a sforzi eccessivi nel periodo di guarigione, infezione della ferita, problemi nella cicatrizzazione o tecnica chirurgica inadeguata.
Tardiva: si manifesta dopo anni, quando la riparazione iniziale cede per progressivo indebolimento dei tessuti, aumento della pressione addominale o modifiche anatomiche.
Sintomi
I segni sono simili a quelli di un’ernia “nuova”:
Gonfiore o tumefazione in sede chirurgica
Dolore o fastidio, soprattutto in stazione eretta o durante gli sforzi
Sensazione di “strappo” o cedimento
Nei casi più gravi, segni di incarceramento o strangolamento
I numeri: tassi di recidiva per tecnica
Gli studi internazionali mostrano dati variabili, ma le tendenze sono chiare:
Tecniche tradizionali senza rete (Bassini, Shouldice): recidiva 3–5%
Tecnica Lichtenstein (rete tension-free): in studi controllati, recidiva 1% a 6 mesi
Laparoscopia TAPP o TEP: recidiva media 3–6%, ma può salire oltre il 10%
Follow-up a lungo termine: open tradizionale fino al 10% a 4 anni, laparoscopia 4–5% (ma per entrambe le metodiche ci sono lavori che parlano di tassi di recidive superiori al 17%)
Come si tratta una recidiva
La chirurgia resta l’unica cura. In genere, si sceglie una via d’accesso diversa da quella usata in prima battuta:
Se il primo intervento è stato open, si opta per laparoscopia
Se il primo è stato laparoscopico, si passa all’open con mesh. Questo approccio riduce il rischio di complicanze e consente di lavorare su tessuti “vergini”.
I risultati dopo intervento per ernia recidiva
Il tasso di ri-recidiva (cioè seconda ricomparsa) è più alto rispetto alle ernie “vergini”:
In centri ad alto volume, laparoscopia per recidiva: ri-recidiva ~1–2%
Approccio open per recidiva: ri-recidiva 2–6%. Dati che confermano l’importanza di farsi operare da chirurghi con esperienza specifica nelle recidive.
Fattori che aumentano il rischio di recidiva
Oltre agli sforzi precoci e alla mancata protezione post-operatoria, contano:
Obesità (aumenta la pressione addominale e rende più difficile la guarigione)
Diabete (rallenta la cicatrizzazione)
Fumo (peggiora ossigenazione dei tessuti)
Broncopneumopatie croniche (tosse ripetuta = microtraumi sulla riparazione)
Stipsi cronica (sforzi evacuativi continui)
La regola d’oro per evitare recidive
Le tecniche moderne hanno ridotto drasticamente i tassi di recidiva, ma il comportamento del paziente resta decisivo:
Riposo funzionale per almeno un mese: camminare sì, sollevare e sforzare no
Indossare mutande elastiche tipo Orione per 4 settimane, per proteggere e sostenere la zona
Seguire alla lettera le indicazioni del chirurgo su tempi di recupero e controlli
Perché, diciamolo chiaramente: la chirurgia è un lavoro di squadra. Il chirurgo ricostruisce, ma siete voi, con disciplina e pazienza, a fare in modo che l’ernia non torni.
Dr. Francesco Caruso
Specialista in chirurgia dell’apparato digerente
Chirurgia mininvasiva, proctologia, gastroenterologia
Iscr. Ord. med. RM/57003 - PI 11455741006
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𝗖𝗢𝗠𝗠𝗘𝗡𝗧𝗔, 𝗠𝗘𝗧𝗧𝗜 𝗠𝗜 𝗣𝗜𝗔𝗖𝗘 𝗘 𝗖𝗢𝗡𝗗𝗜𝗩𝗜𝗗𝗜. Per me è molto importante. Se non metti mi piace e non commenti, potrei non poter più scrivere articoli divulgativi come questo.
✅ 𝗩𝗲𝗱𝗶 𝗶𝗹 𝗺𝗶𝗼 𝗰𝘂𝗿𝗿𝗶𝗰𝘂𝗹𝘂𝗺 𝗲 𝗹𝗲 𝗿𝗲𝗰𝗲𝗻𝘀𝗶𝗼𝗻𝗶:
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