Quanto devo bere per avere la cirrosi
- Francesco Caruso
- 2 ago
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È una domanda che mi viene posta spesso, con tono tra il curioso e il preoccupato, magari dopo un’ecografia del fegato con qualche anomalia. E la risposta – se vogliamo essere onesti – è tanto semplice quanto scomoda: non esiste una soglia sicura: l'unica soglia sicura è NON BERE.
La soglia esiste… ma non per tutti
Le linee guida NICE (NG50, aggiornate a settembre 2023) parlano chiaro: il rischio di sviluppare cirrosi epatica aumenta sensibilmente in chi assume più di 50 unità di alcol a settimana per gli uomini e più di 35 per le donne, per diversi mesi consecutivi.
Tradotto in parole comprensibili: 1 unità equivale circa a un bicchiere di vino o a una birra piccola. Quindi parliamo di più di 7 bicchieri a settimana per le donne e 10 per gli uomini.
Tuttavia, nella pratica clinica, vedo spesso casi che non rientrano perfettamente in questa media. Ho pazienti che hanno sviluppato una steatoepatite alcolica grave con meno alcol, e altri che – per motivi genetici, alimentari o di resistenza individuale – sembrano aver “retto” per anni, finché il danno non è esploso tutto insieme.
“Bevo solo il fine settimana”: attenzione
Molti pazienti si difendono dicendo che non bevono tutti i giorni. Ma il fegato non fa i conti sul calendario. L’effetto tossico è cumulativo. Se in una serata si assumono 5 o 6 drink alcolici, il danno epatico può essere anche maggiore rispetto al bere una piccola quantità ogni giorno. In particolare, l’alcol assunto a digiuno, o associato a farmaci, o in presenza di sovrappeso, potenzia i suoi effetti tossici sul fegato.
Cirrosi: il danno è subdolo - può essere silenzioso per anni
Uno dei motivi per cui l’alcol è così insidioso è che la cirrosi non dà sintomi finché non è tardi. I classici segni clinici (ascite, ittero, gonfiore addominale, stanchezza cronica, vene visibili sull’addome) arrivano quando il danno è ormai avanzato. Nelle fasi iniziali, gli esami del sangue possono essere perfettamente normali, anche con un fegato già compromesso.
Per questo è fondamentale fare prevenzione vera, soprattutto nei pazienti con consumo regolare di alcol. L’ecografia addominale, l’elastografia epatica e, nei casi più sospetti, la biopsia sono strumenti diagnostici insostituibili. E secondo le linee guida NICE, chi ha un consumo a rischio (oltre 35-50 unità/settimana per almeno 3-6 mesi) deve essere sottoposto a transient elastography (FibroScan) per valutare la presenza di fibrosi o cirrosi.
Esperienze reali: salvato da un controllo
Uno dei miei pazienti – chiamiamolo G., 52 anni, ex ristoratore – è arrivato in ambulatorio dopo un episodio di svenimento e una serie di esami “nella norma”. Aveva però un’anamnesi di consumo alcolico importante, circa una bottiglia di vino al giorno “per rilassarsi”. L’ecografia mostrava un fegato irregolare e lievemente nodulare, il FibroScan confermava una fibrosi avanzata. Abbiamo avviato il follow-up, impostato un percorso di disassuefazione, cambiato stile di vita. Oggi, a distanza di 2 anni, ha un fegato stabilizzato e vive senza alcol. Ma avrebbe potuto essere una storia molto diversa.
Quindi, quanto si può bere?
Se vogliamo essere franchi, la risposta è: meno è meglio. E per molti, niente è ancora meglio. Soprattutto se c’è familiarità per epatopatie, sovrappeso, sindrome metabolica o epatite virale, anche modeste quantità di alcol possono accelerare il danno epatico.
Il consiglio delle linee guida è semplice: nei pazienti a rischio, eliminare completamente l’alcol è l’unica vera prevenzione. E lo dico con la consapevolezza che per molti non è facile. Ma è possibile, e può cambiare la vita. Ne ho visti tanti riuscirci.
Conclusioni
La cirrosi non è una punizione divina, né un destino ineluttabile. È, nella maggior parte dei casi, una conseguenza evitabile di comportamenti prolungati. Il fegato è un organo resiliente, capace di rigenerarsi, ma non all’infinito. Ogni bicchiere ha un peso. E la vera domanda non è “quanto posso bere prima di ammalarmi?”, ma “vale davvero la pena rischiare?”
Dr. Francesco Caruso
Specialista in chirurgia dell’apparato digerente
Chirurgia mininvasiva, proctologia, gastroenterologia
📍 Disponibile per visite specialistiche in Calabria, Milano e telemedicina
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