Prurito anale: piccolo sintomo, grande fastidio
- Francesco Caruso
- 13 lug
- Tempo di lettura: 2 min
Aggiornamento: 9 ago

C’è un sintomo di cui si parla poco. Non fa notizia, non spaventa come il dolore, ma può diventare ossessivo, debilitante, socialmente invalidante. Parliamo del prurito anale — un sintomo banale solo in apparenza, che può avere cause diverse, ma un solo denominatore comune: il disagio del paziente.
Chi ne soffre spesso prova vergogna a parlarne. Ma chi lo vive ogni giorno sa che può compromettere la vita quotidiana, disturbare il sonno, alterare la relazione col proprio corpo e col partner. Ed è compito nostro, come specialisti, accogliere, indagare e risolvere.
Cos’è il prurito anale?
Per le linee guida ASCRS 2022 (Pruritus Ani Guidelines, ASCRS, Diseases of the Colon & Rectum), il prurito anale è una condizione multifattoriale, che può essere:
Primario (idiopatico): senza causa evidente, spesso legato a ipersensibilità cutanea o irritazione cronica
Secondario: causato da patologie locali o sistemiche
Tra le cause più comuni:
Emorroidi, ragadi, fistole, condilomi
Igiene eccessiva o insufficiente
Residui fecali, marische, dermatiti irritative o allergiche
Infezioni micotiche, parassitosi (ossiuri)
Malattie dermatologiche (lichen, eczema, psoriasi)
Diabete, patologie epatiche, stress e disturbi d’ansia
Secondo il NICE Guideline Summary 2023, il prurito anale cronico richiede sempre una valutazione proctologica strutturata, per escludere lesioni anali misconosciute o dermatiti da contatto.
Il caso del “tutto pulito”
Un paziente di 47 anni, dirigente d’azienda, mi racconta un prurito anale notturno insopportabile da mesi. Nessuna lesione visibile, niente emorroidi, igiene meticolosa: salviette umidificate, saponi intimi, doccia anche 3 volte al giorno. Alla visita: pelle perianale arrossata, sottile, irritata da detergenti troppo aggressivi.
Diagnosi: dermatite irritativa da iper-igiene. Trattamento: sospensione immediata di prodotti profumati, solo acqua tiepida, pasta all’ossido di zinco per 5 giorni, e rassicurazione. A due settimane: prurito scomparso.“Dottore, non pensavo che pulirmi troppo potesse farmi peggio.”
Ma non è sempre così semplice
Una donna di 60 anni, diabetica, lamentava prurito e bruciore anale serale. In passato trattata con creme cortisoniche e antimicotici senza beneficio. Alla visita anale: piccoli condilomi piatti attorno all’orifizio. Diagnosi: condilomatosi perianale da HPV. Trattata con diatermocoagulazione e immunomodulazione locale, con guarigione completa a due mesi.
Qui il prurito era il primo segno di una lesione da virus HPV. Ecco perché una visita specialistica è essenziale, anche se il sintomo sembra banale.
Approccio terapeutico (e comunicativo)
Il trattamento del prurito anale non è solo farmacologico. È educazione, ascolto, riequilibrio.
Le linee guida ASCRS e SICCR raccomandano:
Correggere l’igiene: solo acqua tiepida, asciugatura delicata, evitare saponi e salviette umidificate
Creme barriera (ossido di zinco, vaselina)
Antimicotici o cortisonici topici solo su indicazione specialistica
Trattamento della causa sottostante, se presente (emorroidi, condilomi, ragadi, ecc.)
In casi resistenti: valutazione dermatologica e talvolta psicologica, se c’è una componente compulsiva o ansiosa
Il mio approccio
Ogni paziente con prurito anale viene accolto con discrezione, ascoltato senza imbarazzo, e sottoposto a valutazione proctologica accurata. In oltre l’95% dei casi, la causa è identificabile e risolvibile. Ma serve empatia, tempo, e la capacità di educare senza colpevolizzare.
Perché il prurito anale non è mai “solo prurito”: è un segnale. E, se ascoltato nel modo giusto, può essere l’inizio di una guarigione completa.



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