Il reflusso gastroesofageo
- Francesco Caruso
- 6 lug
- Tempo di lettura: 4 min
Aggiornamento: 2 ago

Il reflusso gastroesofageo è una condizione diffusissima, ma spesso sottovalutata. Non si tratta solo del classico bruciore di stomaco dopo i pasti: per molti pazienti è un disturbo quotidiano che interferisce con il sonno, altera l’umore, limita l’alimentazione e, in alcuni casi, mina la salute dell’esofago in modo serio e progressivo.
Di cosa si tratta davvero?
In termini semplici, il reflusso consiste nella risalita del contenuto acido dello stomaco verso l’esofago, il tubo che collega la bocca allo stomaco. Questo avviene quando la valvola naturale che dovrebbe impedire il reflusso – lo sfintere esofageo inferiore – non funziona correttamente o è indebolita.
L’acido cloridrico, necessario per digerire, quando risale nell’esofago, lo irrita, perché quest’organo non è fatto per sopportare l’ambiente acido. Il risultato? Bruciore retrosternale, rigurgito acido, dolore toracico, tosse notturna, raucedine, sensazione di nodo in gola, difficoltà digestive.
Non solo fastidi: quando il reflusso diventa un problema serio
Una parte dei pazienti convive con il reflusso in modo più o meno sopportabile. Ma in altri casi, il disturbo si cronicizza, peggiora e inizia a causare complicanze: esofagite erosiva, restringimenti cicatriziali (stenosi), ulcere esofagee, fino alla temuta evoluzione in esofago di Barrett, una condizione che aumenta il rischio di tumore esofageo.
In alcuni pazienti che ho visitato negli anni, le lesioni erano già presenti da tempo senza che nessuno avesse mai indagato a fondo: erano semplicemente considerati “ansiosi” o “ipersensibili”. Ma la realtà è che il reflusso, se trascurato, può evolvere. E in modo silenzioso.
Reflusso Gastroesofageo - Le cause: non sempre è colpa del cibo
È vero, alcuni alimenti possono peggiorare il reflusso: alcol, cioccolato, menta, pomodoro, cibi grassi, fritture, spezie, bevande gassate. Ma non si può ridurre tutto alla dieta. Tra le cause più frequenti ci sono:
Ernia iatale (presente in oltre il 60% dei pazienti con reflusso patologico)
Sovrappeso e obesità (l’aumento della pressione addominale peggiora il reflusso)
Gravidanza
Uso cronico di farmaci (antinfiammatori, calcio-antagonisti, benzodiazepine)
Fumo
Stress cronico e alterazioni posturali
Come si fa diagnosi?
Non basta "sentire bruciore" per dire che si ha il reflusso. In ambulatorio, la prima cosa che faccio è ascoltare i sintomi e fare un’ecografia addominale, utile per escludere altre cause. Ma per una diagnosi definitiva sono fondamentali:
Gastroscopia (EGDS), che permette di visualizzare direttamente la mucosa dell’esofago, lo stomaco e il cardias
PH-impedenziometria delle 24h, nei casi dubbi, per misurare il numero e l’intensità degli episodi di reflusso
Manometria esofagea, quando si sospettano alterazioni della motilità esofagea
Molti pazienti arrivano da me con mesi (o anni) di terapia antiacida senza alcuna diagnosi certa. E spesso, la causa del loro problema non è neppure un reflusso.
Come si cura?
La terapia si basa su tre pilastri: stile di vita, farmaci e – nei casi più avanzati – chirurgia.
1. Stile di vita
Perdere peso
Evitare pasti abbondanti e coricarsi subito dopo
Alzare la testiera del letto
Ridurre il fumo e l’alcol
Limitare i cibi trigger (sperimentando, perché variano da paziente a paziente)
2. Terapia medica
I farmaci principali sono gli inibitori di pompa protonica (PPI), che riducono l’acidità gastrica. Funzionano bene, ma devono essere usati con criterio, sotto controllo medico e non in modo indefinito. In alcuni casi, si aggiungono procinetici o antiacidi locali.
3. Chirurgia
Quando la terapia medica fallisce o il reflusso è severo, si può intervenire chirurgicamente con una fundoplicatio laparoscopica, spesso associata a plastica dell’ernia iatale. È una procedura mininvasiva, con tempi di recupero brevi e, nella mia esperienza, risultati eccellenti in termini di sintomi e qualità della vita. Pazienti che da anni non dormivano senza alzarsi a metà notte per rigurgiti acidi, hanno ritrovato un’esistenza normale.
Conclusioni
Il reflusso non va banalizzato. Non è solo un bruciore dopo una pizza o una notte insonne. È una condizione cronica, potenzialmente evolutiva, che merita una valutazione specialistica attenta. Curarlo bene significa restituire al paziente non solo una buona digestione, ma una vita più serena, più riposata e più libera.
Se hai sintomi sospetti o una terapia che non funziona più, non rimandare: esiste una strada per stare meglio.
Dr. Francesco Caruso
Specialista in chirurgia dell’apparato digerente
Chirurgia mininvasiva, proctologia, gastroenterologia
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𝗦𝗰𝗿𝗶𝘃𝗶 𝗮 𝗰𝗮𝗿𝘂𝘀𝗼𝗰𝗵𝗶𝗿𝘂𝗿𝗴𝗼@𝗴𝗺𝗮𝗶𝗹.𝗰𝗼𝗺
𝗖𝗢𝗠𝗠𝗘𝗡𝗧𝗔, 𝗠𝗘𝗧𝗧𝗜 𝗠𝗜 𝗣𝗜𝗔𝗖𝗘 𝗘 𝗖𝗢𝗡𝗗𝗜𝗩𝗜𝗗𝗜. Per me è molto importante. Se non metti mi piace e non commenti, potrei non poter più scrivere articoli divulgativi come questo.
𝗩𝗲𝗱𝗶 𝗶𝗹 𝗺𝗶𝗼 𝗰𝘂𝗿𝗿𝗶𝗰𝘂𝗹𝘂𝗺 𝗲 𝗹𝗲 𝗿𝗲𝗰𝗲𝗻𝘀𝗶𝗼𝗻𝗶:
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