Sintomi, segnali iniziali e diagnosi corretta della fistola perianale
- Francesco Caruso
- 5 ott
- Tempo di lettura: 4 min

Sintomi fistola perianale: Introduzione
Molti pazienti arrivano alla visita già convinti di “avere una fistola”, spesso dopo settimane o mesi di fastidi anali, secrezioni o piccoli rigonfiamenti. In realtà, non tutte le lesioni anali sono fistole e non tutte le fistole si manifestano allo stesso modo. Capire quali segnali riconoscere e quando rivolgersi a uno specialista è fondamentale per evitare ritardi diagnostici e interventi più complessi.
Nella mia esperienza, la maggior parte dei casi di fistola perianale inizia in modo silenzioso, con sintomi che vengono sottovalutati o attribuiti ad altre cause come emorroidi o irritazioni locali. Ma una diagnosi precoce e accurata può fare la differenza tra un trattamento semplice e una malattia cronica difficile da risolvere.
I sintomi iniziali: quando il corpo parla
Il sintomo più frequente che precede la fistola è l’ascesso perianale: una tumefazione dolorosa, calda, spesso accompagnata da febbre o brividi. L’ascesso rappresenta la fase acuta dell’infezione ghiandolare anale, che in molti casi, anche dopo il drenaggio spontaneo o chirurgico, evolve verso la formazione di una fistola.
Dopo la guarigione apparente dell’ascesso, molti pazienti riferiscono:
fuoriuscita di liquido o pus da un piccolo forellino accanto all’ano,
fastidio o bruciore persistente,
macchie giallastre o brunastre sugli slip,
piccolo nodulo duro o dolente che si apre periodicamente,
sensazione di umidità o prurito continuo nella regione anale.
Spesso il dolore non è intenso, ma cronico e fastidioso, accompagnato da un senso di “sporco” che altera profondamente la qualità della vita.
Molti pazienti raccontano di aver pensato inizialmente a una banale irritazione cutanea, e solo quando la secrezione si fa costante o maleodorante si rivolgono al medico.
Falsa tranquillità: la fistola “che non dà più fastidio”
Uno degli errori più comuni è considerare “guarito” un ascesso che ha drenato spontaneamente. In realtà, quando l’ascesso si svuota da solo, il pus crea un piccolo condotto che collega la ghiandola interna alla pelle: la fistola perianale. Il dolore scompare, ma rimane una comunicazione patologica che continuerà a secernere liquido, talvolta in modo intermittente.
Nella mia esperienza clinica, molti pazienti riferiscono che il problema “va e viene”: periodi di benessere seguiti da nuovi rigonfiamenti e drenaggi spontanei. Questo andamento cronico-recividante è il segno più tipico della fistola. Ignorarlo, o tentare di curarlo solo con antibiotici e pomate, significa permettere alla fistola di consolidarsi e diventare più complessa, rendendo poi l’intervento chirurgico più difficile.
Quando sospettare una fistola perianale
Un medico esperto sospetta una fistola ogni volta che un paziente riferisce:
secrezioni persistenti o ricorrenti accanto all’ano,
dolore anale associato a piccoli rigonfiamenti che si aprono e chiudono nel tempo,
storia di ascessi anali precedenti,
presenza di uno o più orifizi cutanei sospetti nella regione perianale.
Il sospetto clinico è il primo passo, ma non basta: serve una diagnosi precisa e documentata, capace di definire il tragitto del canale fistoloso e il suo rapporto con gli sfinteri anali. Solo così si può pianificare la terapia più appropriata.
Gli esami diagnostici: quando e perché farli
Dopo un’attenta visita proctologica, che resta il momento più importante, il medico può richiedere esami di imaging mirati. Tra questi, i più utili sono:
Ecografia endoanale: consente di visualizzare il tragitto fistoloso e le eventuali raccolte residue. È un esame mini-invasivo, rapido e altamente informativo, soprattutto se eseguito da un chirurgo esperto in ecografia proctologica.
Risonanza magnetica pelvica (RMN): rappresenta oggi lo standard di riferimento nei casi complessi o recidivanti. Permette di studiare in modo tridimensionale i piani sfinteriali e di identificare eventuali ramificazioni occulte.
Anoscopia: utile per individuare l’orifizio interno, che è spesso la chiave per la guarigione definitiva.
L’obiettivo non è solo “vedere la fistola”, ma capirla, perché la corretta mappatura anatomica è ciò che determina il successo dell’intervento.
Perché serve un centro specializzato
Molti pazienti, per pudore o timore, si rivolgono tardi allo specialista o si affidano a medici non dedicati alla proctologia. Ma la fistola anale non è una malattia da trattare “alla cieca”: ogni intervento deve essere personalizzato in base al tipo di fistola, al suo decorso e al rapporto con lo sfintere.
Solo un chirurgo esperto in centri d’eccellenza (dove si eseguono regolarmente procedure dedicate come la VAAFT, la LIFT o la FiLaC) può garantire una diagnosi completa e una strategia terapeutica realmente risolutiva.
Nella mia esperienza, un approccio corretto fin dall’inizio riduce enormemente il rischio di recidiva, incontinenza e interventi successivi più invasivi.
Conclusioni
Riconoscere precocemente i sintomi della fistola perianale significa dare al paziente una reale possibilità di guarigione definitiva. Un piccolo fastidio o una secrezione trascurata possono essere il segnale iniziale di un problema che, se affrontato in modo tempestivo e in mani esperte, si risolve in modo completo e duraturo. La diagnosi precoce è il primo, indispensabile passo verso la guarigione.
Fonti scientifiche
Steele SR et al. Practice Parameters for the Management of Perianal Abscess, Fistula-in-Ano, and Rectovaginal Fistula. Dis Colon Rectum. 2022;65(5):523–543.
Parks AG et al. Pathogenesis and treatment of fistula-in-ano. Br Med J. 1961;1(5224):463–469.
Buchanan GN, et al. MRI of fistula-in-ano: value in clinical management. Br J Surg. 2005;92(3):355–356.
García-Aguilar J, et al. Modern imaging and management of anal fistula. Tech Coloproctol. 2021;25(8):859–870.
Dr. Francesco Caruso
Specialista in chirurgia dell’apparato digerente
Chirurgia mininvasiva, proctologia, gastroenterologia
📍 Disponibile per visite specialistiche in Calabria, Milano e telemedicina
📞 Per appuntamenti: 333 8887415



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